Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors
Filter by Categories
concerti
News
Non categorizzato
Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors
Filter by Categories
concerti
News
Non categorizzato
Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors
Filter by Categories
concerti
News
Non categorizzato


trio

Trio Montrose
Jon Kimura Parker pianoforte
Martin Beaver violino
Clive Greensmith violoncello

 

D.N. Baker (1931 – 2016)
Roots II
IV. Boogie Woogie

 

J. Tower (*1938)
Big Sky

 

M. Weinberg (1919 – 1996)
Trio in la min. op. 24
I. Preludio e Aria. Larghetto
II. Toccata. Allegro
III. Poema. Moderato
IV. Finale. Allegro moderato

 

F. Mendelssohn (1809 – 1847)
Trio n. 2 in do min. op. 66
I. Allegro energico e con fuoco
II. Andante espressivo
III. Scherzo. Molto allegro quasi presto
IV. Finale. Allegro appassionato

 

Il Montrose Trio, che prende il nome dal Château Montrose, un vino di Bordeaux (molto apprezzato dopo i concerti), si è rapidamente contraddistinto grazie alle sue esibizioni di altissimo livello in tutto il mondo. Il Washington Post ha scritto: “esecuzioni sopraffine, il Trio Montrose è pronto a diventare uno dei principali trii per pianoforte al mondo”. Ha debuttato per la prima volta alla Chamber Music Society, continuando poi ad esibirsi in molte città, fra cui New York, Baltimora, Chicago, Cleveland, Detroit, al Festival di Musica da Camera di Hong Kong e in Italia. Il pianista Jon Kimura Parker si esibisce regolarmente con importanti ensemble del Nord America, inclusi i recenti concerti con le orchestre di New York, Chicago e Philadelphia. Si esibisce anche con Off the Score, un gruppo sperimentale con il leggendario batterista Stewart Copeland. È direttore artistico della Honens International Piano Competition, consulente artistico dell’Orcas Island Chamber Music Festival e docente di pianoforte alla Shepherd School of Music di Houston. Il violinista Martin Beaver è apparso come solista con le Orchestre di San Francisco, Indianapolis, Montreal, Toronto, in Belgio e Portogallo. Vincitore dei Concorsi internazionali di violino di Indianapolis e Montreal, è stato un membro fondatore del Quartetto Toronto e Triskelion ed è stato il primo violino del Quartetto di Tokyo per undici anni. Attualmente insegna presso la Colburn School di Los Angeles. Il violoncellista Clive Greensmith si è esibito come solista con la London Symphony, la Royal Philharmonic, la Filarmonica di Seoul e l’Orchestra RAI di Roma; è stato il violoncellista del Quartetto di Tokyo per quattordici anni ed attualmente insegna presso la Colburn School di Los Angeles. Tre solisti nel proprio ruolo in grado di suonare come un’unità con un impeccabile senso dell’insieme, offrendo alla Filarmonica un concerto vibrante con opere tra il contemporaneo e il romantico.

 

Note al programma

 

Scritta nel 1992, la suite Roots II è composta da cinque movimenti. Boogie Woogie è un ritratto del fast western o juke, uno stile per pianoforte che fiorì all’incirca tra il 1938 e il 1945 basato sulle forme del blues e su un ostinato della mano sinistra. Come nell’originale, il pianoforte è il fulcro di questo movimento.
Big Sky ci fa viaggiare sotto a “un cielo simile a quello del Montana insieme a un solitario stallone selvaggio che a volte fissa il pacifico cielo blu, altre volte galoppa liberamente sulle verdi montagne”, dice la Tower. L’atmosfera è inizialmente intima, con note morbide e lunghe e il pianoforte che vaga tra i suoni degli archi; poi il cavallo inizia a correre e porta la musica verso l’alto, liberandosi in accordi ritmici, ruvidi e brillanti.
Il Trio op. 24 di Weinberg è un prodotto della guerra, all’epoca della sua composizione, infatti, il compositore era da poco fuggito dai nazisti. Il Preludio iniziale è drammatico insieme all’Aria, un lamento, che diventa progressivamente più crudo e spoglio prima di un pizzicato finale. La Toccata, con gli accordi sferzanti del pianoforte, sembra inarrestabile e fornisce un perfetto contrasto con l’apertura del Poema, portentoso e minaccioso, con accordi ancora più fendenti seguiti dagli archi che si muovono verso una sezione centrale appassionata. L’ultimo movimento è un fugato e accelera fino a diventare una danza sfrenata.
Composto nel 1845, un anno dopo il suo Concerto per violino, il Trio op. 66 di Mendelssohn ha tutta la solida maestria del suo predecessore compreso il grande lirismo. L’Allegro inizia con l’annuncio del pianoforte di un tema principale, notevole per il suo contegno severo ma agitato e per la sua flessibilità dovuta a un carattere non melodico. L’Andante ha una dolce cifra lirica che lo rende un cugino di molte delle Canzoni senza parole del compositore. Lungo il suo placido percorso si trovano molte raffinatezze compositive e resta lo Scherzo a dare al Trio un’importante spinta di temperamento. Qui Mendelssohn è portatore della sua gloriosa fantasia e della sua irruenza. Nel finale è presente una certa dose di gravitas, in gran parte dovuta alla citazione di una melodia corale (Gelobet seist Du, Jesu Christ), destinata a conferire una forte dignità a uno schema d’insieme eccezionalmente virtuosistico e sonoramente estroverso. Un’infuocata coda porta alla chiusura del brano, con una cadenza in fortissimo, degna di un concerto solistico. Alessandro Arnoldo


Info e Biglietti
Event Details